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LE SECONDE OPPORTUNITÀ DAL DENTISTA. COSA DOVREBBE SPIEGARE IL DENTISTA? COSA DOVREBBE SAPERE IL PAZIENTE?

Perché rifare una protesi estesa è MOLTO più complesso che farla la prima volta?

Ho appena completato il ri-trattamento protesico completo delle due arcate che il paziente aveva eseguito altrove dodici anni prima. Il paziente, manager quarantacinquenne di una multinazionale, ha posto, per l’ennesima volta, la domanda di rito: “Dottore, quanto durerà questa volta?”

La risposta che gli ho fornito (per l’ennesima volta) lo ha (di nuovo) sorpreso. Ma l’equivoco che voglio evitare l’ha resa necessaria…

La maggioranza dei pazienti che ricevo pensa, erroneamente, che rifare una protesi equivalga a “ricominciare da capo”. Insomma, come sostituire un abito usurato con uno nuovo identico.

La realtà clinica racconta una storia profondamente diversa ed è questa la realtà che i pazienti meritano di sapere.

Gli studi retrospettivi su protesi fisse supportate da denti naturali documentano una quota di sopravvivenza del 91% a cinque anni, che scendono progressivamente al 68% per protesi brevi e al 50% per protesi estese a dieci anni. Per le riabilitazioni implanto-supportate, le evidenze mostrano una quota di sopravvivenza comprese tra il 93.5% ed il 96.4%.

È necessario sottolineare che queste statistiche si riferiscono a riabilitazioni primarie, realizzate in condizioni ottimali su substrati biologici mai manipolati

Quando parliamo di ri-trattamenti, lo scenario (e la prognosi) cambia radicalmente.

LE COMPLESSITÀ OCCULTE.

Dopo decenni di pratica clinica protesica, ho identificato i tre ordini di difficoltà che rendono un ri-trattamento infinitamente più critico:

1. La fragilità strutturale cumulativa

Immaginate una colonna romana di travertino che ha sostenuto un portico per duemila anni. Anche se la rimpiazzate con materiali moderni, la base su cui poggia mantiene le microfratture, le erosioni, i cedimenti incrementali accumulati nel tempo.

Per esempio: la letteratura endodontica dimostra che la rimozione di perni endocanalari durante i ritrattamenti aumenta significativamente il rischio di fratture radicolari verticali (p=.036). Se eseguita con perizia non è la procedura in sé ad essere rischiosa: il punto debole è il substrato biologico (la radice) già compromesso da decenni di carico occlusale, da interventi precedenti, da cicli di stress biomeccanici.

2. L’illusione della staticità dei materiali

Ecco il paradosso che sfugge anche a molti professionisti: mentre i tessuti biologici sono sistemi dinamici che si adattano, si rimodellano, compensando continuamente in base alle sollecitazioni, i dispositivi protesici sono strutture statiche soggette a fatica meccanica progressiva. Le interfacce fra questi sistemi sono il punto di minor resistenza.

Uno studio retrospettivo su 223 ricostruzioni monitorate per oltre vent’anni ha evidenziato che le complicanze biologiche causano la perdita dei pilastri in più di due terzi dei casi; indipendentemente dal fatto che si tratti di dente naturale o impianto.

Il rimaneggiamento osseo perimplantare, l’assottigliamento dei tessuti molli, la progressiva perdita di gengiva cheratinizzata sono processi biologici inarrestabili. La ricerca documenta che, intorno agli impianti posizionati da oltre quattro anni, lo spessore medio della mucosa cheratinizzata scende sotto i 2.3mm, favorendo difetti perimplantari e maggiori profondità di sondaggio. 

3. Il prezzo biologico del fallimento iniziale

Quando una riabilitazione estesa fallisce, il motivo raramente è casuale. Le evidenze scientifiche identificano tra i principali fattori prognostici negativi: storia di parodontite (OR 4.08), fumo, diabete non controllato, igiene orale inadeguata, relazioni occlusali incongrue e/o para funzioni…

Se questi co-fattori hanno causato il primo fallimento e non vengono radicalmente messi sotto controllo, cosa può autorizzare a presumere che il “secondo tentativo” avrà esiti differenti?

CAMBIAMO LA PROSPETTIVA…

Cari lettori, il ri-trattamento protesico esteso non è affatto un “reset” clinico. È piuttosto un restauro archeologico in un sito già compromesso, dove ogni manovra deve confrontarsi con:

  • Geometrie dentali, gengivali e ossee alterate dalle precedenti terapie e dal tempo
  • Tessuti cicatriziali scarsamente reattivi là dove prima c’era tessuto sano 
  • Deficit osteo-muco-gengivali cumulativi 
  • Biomeccanica compromessa da decenni di carichi funzionali (funzionali) e para-funzionali (non fisiologici)
  • Rischio di peri-implantite con incidenza documentata fino al 43.9% entro i cinque anni dall’installazione.
  • Difese immunitarie spesso ridotte da problemi locali e/o sistemici intervenuti nel tempo

ASPETTATIVE REALISTICHE DA CONDIVIDERE CON IL PAZIENTE.

Cosa deve sapere un paziente che affronta un ri-trattamento protesico esteso?

Primo: La longevità sarà statisticamente inferiore rispetto alla riabilitazione primaria. Non perché il dentista sia meno competente, ma perché il substrato biologico è intrinsecamente più fragile.

Secondo: Le complicanze tecniche più frequenti (facilmente riparabili) includono frattura della ceramica (20.2%), perdita di ritenzione (10.8%), mentre le complicanze biologiche (difficilmente riparabili senza rimuovere la protesi) comprendono lesioni cariose (10.6%), parodontite (7.9%) e perimplantite (6.8%).

Terzo: Il successo dipende, in modo cruciale, dalla riduzione radicale dei fattori di rischio che hanno causato il fallimento iniziale. Senza questo cambiamento, anche comportamentale, ogni ritrattamento è destinato a ripetere il copione precedente.

Quarto: Le visite periodiche e la manutenzione diventano non negoziabili! La prevenzione terziaria può essere efficace, ma richiede programmi individualizzati di supporto che includano misure di igiene orale, rimozione del biofilm e monitoraggio costante dei fattori di rischio.

LA DURATA RAGIONEVOLE: UNA RISPOSTA SCOMODA

Quanto può durare una buona riabilitazione protesica estesa?

Le revisioni sistematiche indicano che protesi supportate da denti naturali possono raggiungere una quota di sopravvivenza protesica del 91% a cinque anni e del 89.2% a dieci anni in condizioni ottimali. Ma questa è solo la metà della risposta.

Nella ricerca scientifica odontoiatrica, infatti, la sopravvivenza protesica indica semplicemente la durata. Ci dice cioè che la protesi è ancora in sito ma non che le strutture protesiche (meccaniche) o quelle di supporto (biologiche) siano integre!

L’altra metà della risposta riguarda, appunto, la qualità della durata

Preferite, dopo i primi dieci-dodici anni, iniziare un ciclo di manutenzioni continue, disagi ricorrenti, compromessi estetici progressivi e degrado progressivo delle strutture di supporto che, se non recuperate  prontamente, potrebbero non essere più in grado di supportare una nuova protesi o accettate che, realisticamente, una grande riabilitazione protesica rappresenta un investimento che va rinnovato strategicamente ogni 10-12 anni operando in un contesto biologico ancora ottimale o comunque risanabile?

Nel mondo degli affari, nessun executive pianifica investimenti decennali senza considerare il deprezzamento progressivo degli asset. Perché, parlando di salute orale, dovremmo sottrarci a questa logica?

Ho imparato che i pazienti più informati apprezzano la verità dei fatti molto più delle frasi rassicuranti.

Il ri-trattamento protesico esteso è un intervento di raffinatezza ingegneristica in un contesto biologicamente compromesso. Può avere risultati straordinari, ma richiede:

  • Selezione rigorosa dei casi
  • Riduzione radicale dei fattori di rischio
  • Collaborazione assoluta da parte del paziente
  • Investimento significativo nella manutenzione preventiva
  • Accettazione realistica dei limiti biologici intrinseci che determinano i limiti temporali
  • Grandissima esperienza, competenza e sensibilità del clinico

La bocca non è una macchina in cui sostituire i pezzi usurati ripristina le prestazioni originali. È un ecosistema biologico vivente che invecchia, si adatta, compensa, ma accumula inesorabilmente danni strutturali irreversibili.

Chi comprende questo concetto distinguerà facilmente i professionisti che vendono illusioni da quelli che offrono eccellenza realistica.

Come pazienti, prima di leggere queste note, eravate consapevoli di queste evidenze?

Come odontoiatri informate, sistematicamente e preventivamente, i pazienti?

Nella vostra esperienza di vita, avete notato che le decisioni strategiche sono più difficili e comportano rischi maggiori delle scelte iniziali in contesti di “seconde opportunità” ? 

#OdontoiatriaProtesica #DecisionsIntelligenti #MedicinaBasataSulleEvidenze #EccellenzaClinica #LeadershipConsapevole #PrevenzioneStrategica 

BIBLIOGRAFIA:

Al-Omari, W. M., et al. (2023). Technical complications with tooth-supported fixed dental prostheses of different span lengths: An up to 15-year retrospective study. BMC Oral Health, 23, 391.

Bischof, F., et al. (2024). Survival and complication rates of tooth- and implant-supported restorations after an observation period up to 36 years. Clinical Oral Implants Research, 35(9).

Roccuzzo, M., & Roccuzzo, A. (2024). Surgical treatment of peri-implantitis. British Dental Journal, 236(10), 803–808.

Stueland, H., et al. (2023). Treatment outcome of surgical and non-surgical endodontic retreatment of teeth with apical periodontitis. International Endodontic Journal, 56(6), 686–696.

Wang, H. L., et al. (2025). AO/AAP consensus on prevention and management of peri-implant diseases and conditions. Journal of Periodontology (in press).

Autore dell’articolo:

Dr. Gaetano Calesini e Dr. Caterina Calesini