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Il fenomeno della competenza dispersa: perché l’eccellenza medica richiede scelte coraggiose.

Quando il “fare tutto” diventa il nemico silenzioso della competenza professionale

Introduzione: Un’Osservazione Inquietante dal Cuore di Roma

Roma, autunno 2024. Passeggio dopo una giornata intensa di lavoro clinico. Mi imbatto in una vetrina che pubblicizza: “Studio odontoiatrico e medicina estetica, odontoiatria, filler, botulino, peeling.

Mi fermo. Rileggo. Un’ondata di preoccupazione attraversa cinquant’anni di esperienza clinica condensata in quel momento, provo un profondo disagio perché so “scientificamente” che quella vetrina rappresenta una promessa impossibile da mantenere nel fornire il livello di eccellenza che i pazienti meritano.

Questo articolo nasce da quella riflessione. È un’analisi rigorosa, supportata dalla letteratura neuroscientifica, di un fenomeno preoccupante: la dispersione dell’expertise medica basata sull’illusione del multitasking professionale.

La neuroscienza dell’expertise: perché il cervello umano non può “fare tutto”

Il principio delle 10.000 ore

La teoria della pratica deliberata, introdotta da K. Anders Ericsson, stabilisce che raggiungere l’eccellenza in una disciplina complessa richiede un minimo di 10.000 ore di pratica deliberata. Ma questa cifra spesso citata nasconde una complessità cruciale che raramente viene compresa.

Gli studi empirici dimostrano che sono necessari almeno dieci anni di pratica a tempo pieno per raggiungere un livello elevato di performance, anche con pratica deliberata. Questo non vale solo per gli atleti, i violinisti o i giocatori di scacchi, vale soprattutto per le discipline mediche.

Cos’è esattamente la “pratica deliberata”?

Ericsson definisce pratica deliberata: “quando gli individui si impegnano in attività di pratica, inizialmente progettate da insegnanti e coach, con piena concentrazione sul miglioramento di qualche aspetto specifico della performance”.

Non è semplicemente “fare esperienza” è:

  1. Pratica intenzionale con obiettivi specifici di miglioramento
  2. Feedback immediato e costruttivo
  3. Ripetizione focalizzata su aree di debolezza
  4. Uscita dalla zona di comfort costante
  5. Riflessione metacognitiva sul processo di apprendimento

La plasticità neurale: come il cervello diventa esperto

Quando un odontoiatra sviluppa expertise in protesi e riabilitazione, il suo cervello subisce trasformazioni neurologiche profonde e specifiche:

Cambiamenti nella Corteccia Motoria: La rappresentazione corticale delle dita coinvolte nelle procedure cliniche millimetriche si espande, un fenomeno documentato negli studi di neuroimaging funzionale. Questo processo richiede anni di pratica ripetuta e focalizzata.

Sviluppo automatizzato di riconoscimento degli schemi: I medici esperti sviluppano “mindlines” cioè linee guida tacite informate da letture brevi, conversazioni con colleghi e formazione iniziale. Questi pattern neurali automatici permettono il riconoscimento immediato di condizioni cliniche complesse.

Memoria procedurale profonda: Le abilità motorie complesse vengono consolidate nei gangli basali e nel cervelletto, creando “automatismi esperti” che liberano risorse cognitive per il problem-solving di alto livello.

Il punto cruciale: Questi cambiamenti neurali sono dominio-specifici. Non si trasferiscono automaticamente a discipline diverse, anche se le aree deputate al controllo sono vicine anatomicamente.

Il costo del multitasking professionale.

L’interferenza retroattiva: quando il nuovo danneggia il vecchio

La neuroscienza cognitiva ha documentato un fenomeno critico: l’interferenza retroattiva. Quando il cervello apprende nuove procedure complesse, può effettivamente degradare le competenze precedentemente acquisite.

Immaginate il cervello come una rete neurale con larghezza di banda limitata. Quando allocate risorse cognitive massicce a un nuovo dominio di competenza, ad esempio la medicina estetica, necessariamente sottraete risorse dal dominio primario, nel nostro caso all’odontoiatria, tradotto in altre parole più cose ma… nessuna eccellente.

Più anni di pratica non significano, automaticamente, più competenza

Una revisione sistematica pubblicata su Annals of Internal Medicine ha analizzato 62 studi sulla relazione tra esperienza clinica e qualità delle cure. Il risultato è sorprendente: più della metà degli studi dimostrava che la performance dei medici diminuisce nel tempo per tutti i parametri valutati.

Come è possibile? Come può l’esperienza peggiorare la qualità?

La risposta sta nella natura dell’esperienza stessa. Se i medici accumulano anni di pratica routinaria senza pratica deliberata, senza aggiornamento scientifico rigoroso, senza feedback costruttivo, l’esperienza diventa una collezione di abitudini cristallizzate, alcune obsolete, alcune sub-ottimali.

Medici più esperti possono fornire cure di qualità inferiore a causa di una minore propensione ad adottare nuove terapie, dell’inefficacia dei programmi di educazione continua o persino di cambiamenti neurocognitivi associati all’età avanzata.

Aggiungete ora la dispersione della competenza su discipline multiple, e il problema si amplifica esponenzialmente.

La prossimità anatomica: perché “lavorare sulla stessa area” non basta?

Due discipline interessano due universi cognitivi distanti anni luce.

L’argomento più comune che sento è: “Ma l’area anatomica è la stessa! Conosco già il volto!”

Questa è un’illusione pericolosa che nasce da una comprensione superficiale di cosa significhi vera competenza medica.

L’odontoiatria protesica riabilitativa richiede conoscenze profonde di:

  1. Biomeccanica occlusale tridimensionale
    • Analisi dei movimenti mandibolari nei sei gradi di libertà
    • Comprensione delle forze masticatorie vettoriali
    • Comprensione delle attività parafunzionali
    • Gestione dell’articolazione temporo-mandibolare
    • Integrazione neuromuscolare oro-facciale
  2. Scienza dei materiali dentali
    • Comportamento fisico-chimico di ceramiche, resine, leghe metalliche
    • Coefficienti di espansione termica e adesione
    • Reazioni ai carichi ciclici masticatori
    • Biocompatibilità e integrazione tissutale
  3. Riabilitazione funzionale complessa
    • Pianificazione implantare computer-guidata
    • Gestione dei volumi ossei tridimensionali
    • Protocolli operativi
    • Monitoraggio biomeccanico longitudinale

La medicina estetica iniettiva richiede:

  1. Farmacologia dei Riempitivi
    • Reologia degli acidi ialuronici cross-linkati
    • Coefficienti di elasticità (G-prime) specifici per area
    • Biodegradazione enzimatica e immunitaria
    • Gestione delle reazioni avverse immunologiche
  2. Anatomia Vascolare Profonda
    • Mappatura tridimensionale dei plessi arteriosi facciali
    • Identificazione delle zone di pericolo vascolare
    • Riconoscimento immediato di ischemia tissutale
    • Protocolli di emergenza per occlusione vascolare
  3. Dermatologia Clinica e Estetica
    • Classificazione Fitzpatrick e fototipi cutanei
    • Fisiopatologia dell’invecchiamento dermico
    • Gestione delle discromie post-infiammatorie
    • Protocolli di combinazione con laser e peeling

Sono discipline che condividono il teatro anatomico, il volto, ma richiedono spazi cognitivi completamente diversi.

È come dire che un pilota di Formula 1 può facilmente diventare anche pilota di elicotteri “perché entrambi guidano veicoli”. L’anatomia condivisa, le mani sui comandi, non rende trasferibili le competenze.

Il costo reale per i pazienti: oltre la superficie del marketing

Caso di studio #1: Il CEO con il Sorriso “Quasi Perfetto”

Roma, 2022. Un CEO di una multinazionale tecnologica arriva nel mio studio. Ha 48 anni, presenza carismatica, eloquio brillante. Mi mostra il lavoro protesico eseguito due anni prima da un collega che “fa anche i filler”.

Tecnicamente, il lavoro è “accettabile”. I denti ci sono. La masticazione funziona. Ma…

Il paziente mi dice: “Dottore, funziona. Ma quando guardo le foto ufficiali, qualcosa non va. Non so cosa, ma c’è qualcosa che disturba l’armonia.”

Ha ragione, l’eccellenza non è “funzionante” è invisibile….

Questo CEO opera in contesti dove ogni asset personale concorre alla “presenza” e conta. Dove decisori multimilionari lo scrutano in videoconferenze HD. Dove la fiducia si costruisce anche sulla coerenza estetica percepita inconsciamente.

Il suo precedente odontoiatra era competente. Ma la sua attenzione era dispersa. Il risultato? Funzionalmente sufficiente ma con mediocre integrazione estetica.

Su richiesta del paziente abbiamo sostituito la restaurazione. Questa volta con l’attenzione totale che solo la specializzazione verticale permette.

Caso di studio #2: La giornalista con le complicanze evitabili

Milano, 2024. Un collega di Milano mi contatta in urgenza per un consiglio. Una sua paziente, giornalista investigativa di alto profilo ha sviluppato una necrosi tissutale localizzata dopo iniezioni di filler effettuate da un altro dentista che offriva “pacchetti combo odontoiatria & estetica”.

L’analisi della documentazione fotografica condivisa in video chiamata rivela che il filler è stato iniettato troppo profondamente nella zona periorbitale, probabilmente comprimendo un ramo dell’arteria oftalmica.

La complicanza è stata gestita, ma ha richiesto l’intervento di un dermatologo specializzato, terapia iperbarica e sei mesi di recupero. La cicatrice residua è minima ma visibile in primo piano.

Analizziamo insieme la “convenienza” del pacchetto combo:

  • 12.000 euro di cure correttive
  • 6 mesi di stress psicologico
  • Danni reputazionali professionali (lavora in televisione)
  • Perdita di fiducia nell’odontoiatria in generale

La scelta: Perché l’élite preferisce la specializzazione verticale?

Gli studi sulla percezione della competenza medica dimostrano che i pazienti ad alto livello educativo valutano l’expertise attraverso segnali impliciti di specializzazione profonda. Quando scelgono un professionista medico, applicano inconsciamente gli stessi criteri che usano nelle loro decisioni professionali ad alto rischio. Vale a dire:

1. Segnali di eccellenza specializzata:

  • Bibliografia scientifica pubblicata in riviste peer-reviewed
  • Posizioni accademiche in università prestigiose
  • Partecipazione a ricerca originale nel campo specifico
  • Riconoscimento da società scientifiche di settore

2. Coerenza narrativa professionale:

  • Una carriera focalizzata su un’area specifica
  • Evoluzione verticale dell’expertise (non orizzontale)
  • Investimento temporale documentabile nella specialità
  • Assenza di “aggiunte” opportunistiche di servizi

3. Esclusività dell’attenzione:

  • Tempo clinico dedicato prevalentemente all’area di expertise
  • Aggiornamento scientifico focalizzato
  • Network professionale specialistico
  • Casi clinici complessi nel portfolio

Le professioni d’élite: le lezioni di Valentino e Stradivari

Valentino ha dedicato una vita all’alta moda. Non produceva neanche gioielli, quello è Bulgari. Non fa anche profumi come linea principale, quella è una licenza del brand. La sua eccellenza derivava dalla focalizzazione assoluta sul suo mestiere.

Stradivari costruiva violini. Non produceva anche pianoforti o chitarre “perché tanto sono tutti strumenti a corda”. La sua leggenda deriva dall’ossessione verticale.

Richard Feynman era un fisico teorico. Non si occupava anche chimica organica “perché tanto è tutta scienza”. Il suo Nobel è derivato dalla profondità, non dall’ampiezza.

L’élite comprende intuitivamente questo principio perché lo applica nelle proprie carriere. Un CEO non è anche CFO. Un avvocato penalista non è anche civilista d’eccellenza. Un neurochirurgo non opera anche cuori.

La specializzazione non è una limitazione, è la sola via verso l’eccellenza.

Il modello economico perverso: il marketing che tradisce la medicina

L’incentivo sbagliato

Perché un odontoiatra dovrebbe aggiungere medicina estetica alla propria offerta? La risposta è brutalmente economica:

Il modello finanziario è, apparentemente, attraente:

  • Investimento iniziale ridotto (corso di formazione breve)
  • Margini elevati sui trattamenti estetici
  • Possibilità di “cross-selling” con pazienti esistenti
  • Aumento del fatturato per ora clinica

Ma il calcolo è tragicamente miope perché ignora i costi nascosti:

  1. Costo opportunità dell’attenzione
    • Tempo sottratto all’aggiornamento odontoiatrico
    • Energia cognitiva dispersa
    • Degradazione dell’expertise primaria
  2. Costo reputazionale
    • Perdita di credibilità come specialista
    • Percezione di “generalista opportunista”
    • Allontanamento dei pazienti più sofisticati
  3. Costo della Mediocrità
    • Impossibilità di raggiungere eccellenza in entrambi i campi
    • Rischio aumentato di complicanze
    • Risultati sub-ottimali in entrambe le aree

Il modello di eccellenza: Valentino non fa sconti.

I professionisti di qualità non sono economici. Non lo sono mai stati. E non lo saranno mai.

Perché?

Perché l’eccellenza ha un costo reale:

  • Aggiornamento scientifico continuo (congressi internazionali, pubblicazioni, ricerca)
  • Tecnologie all’avanguardia (scanner digitali, software CAD-CAM, microscopi operatori)
  • Tempo clinico esteso (3 ore per una prima visita complessa è abbastanza normale)
  • Materiali premium 
  • Staff super-qualificato

Ma soprattutto: Perché il tempo dedicato a diventare anche “bravi in qualcos’altro” è tempo sottratto al diventare eccellenti in questo.

I pazienti odontoiatrici con elevato livello di educazione lo capiscono. Cercano Valentino, non Zara. Cercano Stradivari, non una chitarra cinese e, per la qualità, sono disposti a investire.

La mia Scelta: Perché Ho Detto No a Tutto il Resto

Il ragionamento che mi ha guidato

Domanda 1: “Posso diventare eccellente in medicina estetica come lo sono in protesi?”

Risposta onesta: No. Non senza sottrarre 10.000 ore alla mia pratica primaria.

Domanda 2: “I miei pazienti trarrebbero beneficio da un servizio di medicina estetica ‘discreto’ nello stesso studio?”

Risposta onesta: Forse nel breve termine per convenienza. Ma perderebbero l’accesso a un protesista che dedica 100% della sua energia cognitiva all’odontoiatria.

Domanda 3: “Qual è il mio valore unico?”

Risposta chiara: quasi cinquant’anni di focalizzazione assoluta su protesi e riabilitazione. Questo è la mia expertise.

Domanda 4: “Come vorrei essere ricordato?”

Risposta definitiva: Come un dei protesisti di riferimento della sua generazione. Non come qualcuno che faceva “un po’ di tutto abbastanza bene”.

Rifiutare opportunità di espansione non è limitazione. È liberazione.

Ogni “no” a ciò che non è la mia area di competenza è un “sì” a migliorare in ciò che è veramente la mia vocazione.

Il futuro: verso quale direzione stiamo andando?

Gli studi sulla formazione chirurgica dimostrano che l’estensione e la natura della pratica, così come la struttura della pratica, sono critici per lo sviluppo di abilità motorie complesse.

La medicina moderna sta affrontando una crisi paradossale:

Da un lato: La complessità crescente della conoscenza medica spinge verso iper-specializzazione. La cardiologia interventistica si divide in elettrofisiologia, emodinamica, imaging avanzato. L’odontoiatria si frammenta in endodonzia, ortodonzia, parodontologia, implantologia, protesi…

Dall’altro: Le pressioni economiche e di mercato spingono verso “poliambulatori” dove ogni professionista offre molteplici servizi per massimizzare l’utilizzo degli spazi e il fatturato per paziente.

Quale modello prevarrà?

Credo che la risposta dipenderà dal segmento di pazienti; si stanno formando e consolidando due mercati distinti:

Mercato 1: grandi volumi e (apparente) convenienza economica

Caratteristiche:

  • Grandi catene odontoiatriche con servizi multipli
  • Medici “generalisti specializzati” che coprono più aree
  • Target: Classe media che cerca prestazioni ad un prezzo accessibile

Prognosi: Questo mercato crescerà, perché è sostenuto da logiche industriali solide e collaudate in altri paesi.

Mercato 2: eccellenza e servizi personalizzati

Caratteristiche:

  • Studi “boutique” ultra-specializzati
  • Professionisti con dedizione verticale assoluta
  • Personalizzazione (non standardizzazione) delle terapie su ogni paziente 
  • Target: Élite che cerca eccellenza professionale e risultati ottimali

Prognosi: Questo mercato si contrarrà numericamente ma si intensificherà qualitativamente ed economicamente.

Domande Frequenti (FAQ)

1. “Ma se un odontoiatra fa anche medicina estetica da 10 anni, non è diventato esperto anche in quello?”

Dipende da cosa intendiamo per “esperto”.

La vera expertise richiede pratica deliberata con feedback immediato e miglioramento costante. Se l’odontoiatra dedica 80% del tempo all’odontoiatria e 20% alla medicina estetica, in 10 anni avrà accumulato circa 2.000 ore di pratica estetica (presumendo 40 ore/settimana di lavoro clinico).

Sono ancora 8.000 ore lontano dalle 10.000 ore minime per l’eccellenza. E nel frattempo, la sua odontoiatria sarà rimasta a circa 8.000 ore invece delle 10.000 che avrebbe accumulato con focalizzazione esclusiva.

Risultato: Due aree di competenza “mediocre” invece di un’area di eccellenza.

2. “Non è corporativismo proteggere i propri confini professionali?”

No, se la motivazione è la qualità della cura del paziente. 

Il corporativismo protegge i professionisti. La specializzazione protegge i pazienti. La differenza è cruciale.

Io non ho problemi con odontoiatri che fanno medicina estetica se sono disposti a dedicarci le 10.000 ore necessarie per raggiungere risultati di alto profilo. Il problema nasce quando lo aggiungono come “servizio extra” senza l’investimento temporale che tali risultati richiedono.

3. “Come posso distinguere un vero specialista da un generalista che fa tutto?”

Fate queste domande:

A. Sul volume della pratica:

  • “Quante ore settimanali dedica a queste specifiche procedure?”
  • “Quanti casi di questo tipo esegue annualmente?”
  • “Quando è stata l’ultima volta che ha eseguito questa procedura?”

B. Sull’Aggiornamento:

  • “Quali congressi specialistici ha frequentato nell’ultimo anno?”
  • “Ha pubblicato ricerca in quest’area?”
  • “Può citarmi tre studi recenti che hanno cambiato la sua pratica in questo campo?”

C. Sulla Gestione delle Complicanze:

  • “Quali sono le tre complicanze più comuni di questa procedura?”
  • “Come le gestisce?”
  • “Può raccontarmi un caso complesso che ha risolto?”

Le risposte vi diranno tutto.

4. “Ma l’odontoiatra che fa anche estetica costa meno. Non è un vantaggio?”

A breve termine, forse. A lungo termine, raramente.

Il risparmio iniziale viene rapidamente eroso da:

  • Risultati subottimali che richiedono correzioni
  • Complicanze che rendono necessari interventi specialistici
  • Perdita di tempo per rifare lavori mediocri
  • Costo psicologico di convivere con risultati “quasi giusti”

L’eccellenza è più economica della mediocrità.

5. “Qual è il modo migliore per scegliere il professionista giusto?”

Cercate queste caratteristiche:

1. Focalizzazione Narrativa: La storia professionale mostra dedizione verticale o diversificazione opportunistica?

2. Evidenza di Eccellenza: Posizioni accademiche, pubblicazioni, riconoscimenti professionali nella specialità specifica

3. Investimento Temporale: Quanto tempo dedicano all’aggiornamento nella loro area?

4. Rete Professionale: Con chi collaborano? Altri specialisti d’eccellenza o generalisti?

5. Comunicazione: Spiegano le complessità con passione ed expertise, o vendono servizi con linguaggio di marketing?

Conclusione: il coraggio della specializzazione nell’era del “fare tutto”

Viviamo in un’epoca che celebra il multitasking, la diversificazione, il “fare tutto”. I social media glorificano i “poliglotti” professionali. Le startup cercano “unicorni” capaci di codice, design, vendita, finanza.

Ma la medicina non è una startup tecnologica.

Nella medicina, la mediocrità può ferire. La dispersione della competenza può causare danni permanenti. L’illusione del “posso fare anche questo” può tradire la fiducia dei pazienti.

La letteratura scientifica suggerisce che l’expertise medico-chirurgica si raggiunge attraverso la pratica focalizzata, deliberata, profonda verticalmente; gli esperti si formano, non nascono tali.

Cinquant’anni di esperienza mi hanno insegnato una verità semplice ma potente:

L’eccellenza richiede scelte.

Scegliere cosa fare significa scegliere cosa non fare. Scegliere dove investire 10.000 ore significa scegliere dove non investirle. Scegliere di diventare competenti in un’area significa rinunciare ad essere dilettanti in molte.

Questa rinuncia non è sacrificio. È saggezza.

Valentino non fa gioielli. Stradivari non costruiva pianoforti. Feynman non studiava chimica organica. Ogni maestro conosce i confini della propria arte.

E li rispetta.

Perché sa che la vera libertà professionale non sta nel fare tutto, ma nell’essere insostituibili in qualcosa.

Spero che questo articolo possa servire come riflessione per colleghi che stanno considerando la dispersione delle proprie competenze, e come guida per i pazienti che meritano di distinguere l’eccellenza specializzata dalla mediocrità generalista.

Le élite hanno sempre saputo riconoscere l’eccellenza.

È ormai tempo che la professione medica riabbracci questo principio.

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Autore dell’articolo:

Dr. Gaetano Calesini e Dr. Caterina Calesini